Manomessi i dispositivi di protezione: la scoperta ovvia sulla morte di Luana

Inviato da iside il Lun, 05/17/2021 - 14:26
La scoperta "ovvia" del consulente tecnico della Procura sull’infortunio mortale di Luana

Il consulente tecnico della Procura,che indaga sull’infortunio mortale di Luana D'orazio, ha scoperto che  il funzionamento del carter di protezione del cilindro ("botte") dell’orditoio “gemello“ di quello che ha afferrato e divorato Luana, era stato manomesso; si tratta di una scoperta "ovvia" perché, se il riparo di protezione fosse stato a norma, la morte di Luana sarebbe stata impossibile.

La norma tecnica di riferimento per la sicurezza degli orditoi (UNI-EN-ISO 11111-5:2016) prevede infatti che, per evitare l'afferramento-trascinamento di una lavoratrice, i dispositivi di protezione devono funzionare nel modo seguente:
A. Quando la macchina funziona a velocità normale i ripari devono essere abbassati-attivi; in questo modo il contatto di  una lavoratrice con gli organi in movimento (ad es il cilindro) è impossibile;
B. Quando i ripari di protezione sono inattivi (sollevati) la macchina deve essere ferma oppure può funzionare con una velocità di rotazione del cilindro molto lenta (max 20 metri/minuto); anche in questo caso l'afferramento-trascinamento di una lavoratrice è impossibile.

Sulla base di questi parametri è evidente che Luana è stata afferrata-trascinata dal cilindro della macchina perché, nonostante i ripari di protezione fossero inattivi, ruotava ad una velocità elevata.
A questo punto ci chiediamo:perché  la macchina è stata manomessa per permettere il suo funzionamento a velocità elevata nonostante i ripari di protezione fossero disattivati?
Anche la risposta a questa domanda è ovvia. La modalità di rotazione a velocità ridotta  del cilindro dell'orditoio è prevista, dal costruttore della macchina, per permettere  alle lavoratrici di risolvere manualmente eventuali non conformità  nelle operazioni di orditura dei fili di tessuto. Questa misura di sicurezza, però, crea dei problemi dal punto di vista economico-produttivo; ogni volta che la macchina rallenta, perché le protezioni sono disattivate, rallenta anche tutto il processo e, di conseguenza, la produttività di un'azienda di tessile.

E allora perché le imprese devono perdere tempo e soldi,a causa di questi "fastidiosi"  dispositivi di protezione, solo per evitare che una lavoratrice possa essere afferrata e divorata da una macchina?
Le cause della morte di Luana, quindi, ci sembrano abbastanza evidenti: la priorità data alla produttività rispetto alla tutela della salute e della vita delle lavoratrici.
Poiché riteniamo che questo approccio sia diffuso nelle imprese del settore tessile (e non solo) ci chiediamo: il governo ha disposto, aldilà degli inutili tavoli sulla sicurezza con i sindacati confederali, delle ispezioni urgenti, in tutte le aziende del settore, per verificare se i dispositivi di protezione delle macchine sono stati manomessi?
Siamo convinti che, per costringere le aziende a prendere le misure adeguate, sia necessario un intervento che vada a istituire il reato di omicidio sul lavoro, esattamente come fatto per l'omicidio stradale. La sicurezza sui posti di lavoro non può essere considerata un costo, è necessario prendere decisioni efficaci per porre fine a questa strage.

Rete Iside Onlus