Perché la questione Green Pass obbligatorio non ha a che fare con i vaccini ma con la salute e sicurezza dei lavoratori e la legge 81/08

Inviato da iside il Gio, 09/23/2021 - 13:33
Perché la questione Green Pass obbligatorio non ha a che fare con i vaccini ma con la salute e sicurezza dei lavoratori e la legge 81/08

Con l’introduzione del green pass obbligatorio per accedere nei posti di lavoro si è sviluppata una discussione che sta polarizzando le posizioni in modo anomalo: se si critica il green pass si viene tacciati come no vax e non si ha la possibilità di ragionare sull’impatto di questo provvedimento sul mondo del lavoro.

 

Il governo Draghi nell’introdurre il green pass obbligatorio non nasconde l’obiettivo reale: costringere tutti a vaccinarsi senza ricorrere all’obbligatorietà del vaccino e quindi senza assumersi responsabilità.

Per questo motivo il governo è contrario alla gratuità dei tamponi visto che la misura ridurrebbe drasticamente l’efficacia dell'obiettivo primario del Green pass. I padroni dal canto loro dicono che, poiché il rischio di contagio è un problema sociale, il costo del tampone non può che essere a carico dei lavoratori non vaccinati.

Ma è proprio così?

Ai sensi di vari articoli del Dlgs 81/08, i tamponi sono da considerare come una misura di prevenzione rispetto al rischio di contagio da Sars-cov-2 nei luoghi di lavoro e questo rovescia il punto di vista su questa vicenda.

Riportiamo sinteticamente, a titolo d’esempio, alcuni degli articoli del Dlgs 81/08 che supportano le nostre affermazioni:

Se il medico competente, sulla base della sorveglianza sanitaria (art 41), considera un lavoratore non vaccinato come non idoneo alla mansione, perché può essere fonte di maggiore rischio di contagio nei luoghi di lavoro, allora il datore di lavoro (art. 42) per rendere il lavoratore idoneo alla mansione deve adottare le misure indicate dal medico. Tra queste misure di prevenzione, anche ai sensi degli articoli 272 e 279 (rischio biologico), rientrano sicuramente i tamponi. I tamponi, infatti, poiché servono a verificare l'eventuale positività di un lavoratore asintomatico prima dell’ingresso nei luoghi di lavoro, possono ridurre il rischio di contagio da Sars-cov-2.

Queste sintetiche argomentazioni, a nostro avviso, sono già sufficienti per dimostrare che i tamponi sono delle misure di prevenzione; poiché il lavoratore ai sensi dell’art 15 comma 2 del Dlgs 81/08 non può subire nessun onere finanziario  rispetto alle misure di prevenzione, risulta evidente che i tamponi devono essere pagati dai padroni.

In altre parole: se il contagio da Covid 19 è un rischio sul posto di lavoro questo va valutato e tutte le misure necessarie per azzerarlo o ridurlo sono a carico del datore di lavoro. Oltretutto la valutazione del rischio comporta che, per la riduzione dello stesso, le iniziative che il datore di lavoro può mettere in atto sono molteplici e vanno percorse quelle più efficaci. Con l’introduzione del green pass obbligatorio sembra quasi che non si debbano più considerare altre misure che finora hanno dimostrato efficacia come: il distanziamento, l’uso di DPI adeguati, il ricorso allo smartworking, la riorganizzazione dei processi produttivi per ridurre l’esposizione al contagio ecc. Tutte queste misure rappresentano un costo per il datore di lavoro e alleggerire la pressione su questi dispositivi o misure rappresenta l’ennesimo regalo ai padroni.

Ma quanto deve spendere un lavoratore non vaccinato per fare un tampone e poter andare al lavoro? E quanto risparmiano i datori di lavoro?

Un lavoratore, in teoria, avrebbe tre possibilità:

  1. Condizione meno “invasiva” ma più costosa: effettuare 2 test molecolari salivari a settimana; costo di  almeno 120 euro a settimana, quindi 480 euro al mese!
  2. Condizione intermedia: effettuare un test molecolare salivare più uno rapido ogni settimana; costo di almeno 75 euro a settimana, quindi 300 euro al mese.
  3. Condizione meno costosa ma più “invasiva”: effettuare 3 tamponi rapidi (oro-nasali) a settimana; costo di 45 euro a settimana, quindi 180 euro al mese.

In sostanza, quindi, chi ha stipendi alti (dirigenti) si potrà permettere tamponi meno fastidiosi e meno dannosi per la salute (condizione 1), la maggioranza dei lavoratori non vaccinati, invece, saranno costretti a fare i tamponi più “invasivi” 3 volte a settimana (condizione 3) e spendere almeno 180 euro al mese.

Naturalmente criticare il Green Pass in questo momento è impopolare e, come dicevamo all’inizio, si rischia di essere fraintesi. Ma il punto per noi è capire se l’introduzione di nuove misure aumenta o riduce i diritti dei lavoratori senza fermarci alle apparenze e provare a capire come un nuovo dispositivo di legge modifica, nel tempo, il quadro generale.

 

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